GIOVANNI MADERNA


Giovanni Maderna (Milano, 1973) esordisce nel 1995 con il corto La place, premiato al Sacher Festival di Nanni Moretti. Il primo lungometraggio, Questo è il giardino (1999), scritto insieme a Carolina Fieschi, vince il premio Luigi De Laurentiis migliore opera prima alla Mostra di Venezia dello stesso anno. Nel 2001 realizza L’amore imperfetto presentato in concorso a Venezia, e nel 2005 con Bologna 16-02-05 Giovanni Maderna e Antonio Moresco incontrano Alberto Grifi, rende omaggio a uno dei più grandi protagonisti del nostro cinema indipendente e sperimentale. Nel 2006 gira Schopenhauer, presentato a Locarno e in diversi festival internazionali. Nel 2007 fonda la Quarto film con cui produce Cielo senza terra, co-diretto insieme a Sara Pozzoli, che viene presentato alle Giornate degli autori della Mostra del cinema di Venezia. Nel 2012 cura e produce un progetto ispirato all’universo di Emilio Salgari con i film di Tonino De Bernardi (Iolanda tra bimba e corsara), Giovanni Cioni (L’intrepido) e Carmela salvata dai filibustieri di cui firma la regia insieme a Mauro Santini, in anteprima a Venezia alle Giornate degli autori. Lo stesso anno presenta nel Concorso internazionale di Filmmaker Look Love Lost.

A Babel: Giovanni Maderna presenta il suo film più recente, The Walk, liberamente ispirato a La passeggiata di Robert Walser. La proiezione è seguita da un dialogo tra il regista e lo scrittore Matteo Terzaghi.


GIOVEDì 15.09

CINEBABEL
THE WALK (Regno Unito/Italia, 2021, 62 min.)

A seguire
Giovanni Maderna a dialogo
con Matteo Terzaghi

 Cinema Forum
 21:00


THE WALK (62′, Italia, 2021)
“Un mattino, preso dal desiderio di fare una passeggiata mi misi il cappello in testa, lasciai il mio scrittoio o stanza degli spiriti, e discesi in fretta le scale diretto in strada.” Quell’uomo è Lino Musella, alter ego cinematografico di Robert Walser, scrittore svizzero ormai posto accanto a Kafka, Rilke e Musil. Il suo romanzo La passeggiata è la scommessa (vinta) di trascrivere la sensazione del camminare sulla carta. Cento anni dopo, il regista di Cielo senza terra, senza alcuna pretesa di emulazione, scommette di restituire lo stesso piacere attraverso lo strumento del cinema. Il monologo interiore che scorre senza sosta, pagina dopo pagina deve trovare una nuova forma di realizzazione. Il passo cadenzato delle parole che si susseguono, una dopo l’altra, nel romanzo di Walser, acquista una corporeità nell’incedere tutt’altro che spontaneo di Musella. Quasi assomiglia a una danza, eseguita insieme al cineoperatore Robbie Ryan, tra le vie di Roma. “Non abbiamo bisogno di vedere nulla fuori dall’ordinario.” Ci muoviamo in uno spazio-tempo preciso (un’ora), fermandoci solo per qualche rapida commissione: mangiare una pasta aglio-olio e peperoncino, provare un vestito su misura, spedire una lettera piena di rancore. Il movimento è ciò che carica come una dinamo i pensieri del nostro compagno di viaggio ma soprattutto quelli del pubblico. E così il suo dialogo esistenziale, perfettamente descritto nell’opera di Walser e reso altrettanto bene dall’espressività di Musella, diventa anche il nostro.


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