FESTIVAL


Babel è il festival letterario centrato sulla traduzione, sia in senso stretto – scrittori legati a più lingue e culture a dialogo con i loro traduttori italiani, laboratori di traduzione, traduzioni tra le arti e pubblicazione di libri – sia come metafora di ospitalità linguistica, attraversamento e incontro.
Di anno in anno Babel si rivolge a una lingua, a un paese, a un tema, invitando scrittori, artisti, musicisti e traduttori . Tra gli ospiti delle scorse edizioni: Derek Walcott, Adam Zagajewski, Marie NDiaye, Amitav Ghosh, Jamaica Kincaid, Ha Jin, Elias Khury, Adania Shibli, Ludmila Ulickaja, Ismail Kadaré, Juan Villoro, Guillermo Arriaga, Valeria Luiselli, Patrick Chamoiseau, Yu Hua, Kamel Daoud, Jean Echenoz, Jakuta Alikavazovic, Frédéric Pajak, The Tiger Lillies, West-Eastern Divan Orchestra e András Keller, così come diversi giovani scrittori e scrittrici che Babel ha tradotto per la prima volta in italiano e pubblicato con editori svizzeri e italiani.
Babel porta la parola oltre i confini e si spinge oltre i confini della parola, estendendo la propria ricerca agli altri linguaggi artistici. Ma non solo. Con le attività extraBabel, il festival valica le proprie frontiere spaziali e temporali, organizzando incontri, alimentando scambi e collaborazioni, pubblicando testi in libri e riviste durante tutto l’arco dell’anno.
Nel 2012 Babel ha ricevuto il premio Lo Straniero in Italia, e nel 2013 il Premio di Letteratura svizzero per la Traduzione e la Mediazione Letterarie e il Premio Speciale della Giuria dell’Ufficio federale della cultura.


2023
ISOLE

Per la sua diciottesima edizione, Babel si è spinto verso terre solitarie, remote o sotto costa, formate dall’erosione o sorte dai vulcani, reali, linguistiche, metaforiche: il 2023 è stato l’anno di Babel Isole. Nell’oceano della letteratura e della storia, le isole emergono come territori sia fisici che mentali: paradisi in cui rifugiarsi o inferni da cui si cerca solo di fuggire; luoghi di preservazione e ibridazione, ideali per innalzare utopie o carceri inviolabili, avamposti da conquistare, puntini di resistenza che non si lasciano sommergere, a volte introvabili come la Rokovoko di Moby Dick, «che non è indicata su nessuna mappa» perché «i posti veri non lo sono mai». Perfettamente circoscritte e chiuse in se stesse, le isole generano ossessioni così come tensioni verso un altrove, spesso irraggiungibile tanto quanto appaiono loro ai nostri occhi. Ma le isole sono ovunque: isole di gioia e di tormento, di evasione e reclusione. E se il poeta e chierico John Donne ci ricordava che «nessun uomo è un’isola» è perché ognuno di noi tende a diventarlo.

In quest’edizione insieme geografica e tematica, Babel ha invitato scrittrici e scrittori provenienti dalle isole, o che grazie alla forza magmatica o al lento accumulo delle loro storie hanno creato interi arcipelaghi mai avvistati prima d’ora. E con loro chi ostinatamente e in qualsiasi tempo ne traghetta le parole fino ai porti della nostra lingua: le loro traduttrici e i loro traduttori. I nostri ospiti sono stati: Werner Herzog con Fabio Pusterla, Auður Ava Ólafsdóttir con Stefano Rosatti, Georgi Gospodinov con Włodek Goldkorn,  Makenzy Orcel e James Noël con Giuseppe Sofo, Leta Semadeni, Ailbhe Ní Ghearbhuigh e Francesco Ottonello con Franco Buffoni, Nuno Costa Santos con Roberto Francavilla, Tommaso Soldini con Ariele Morinini, Laura Sicignano, Francesco “Kento” Carlo e Paolo Miorandi per Moby Dick, Samanta K. Milton Knowles e Daniela Almansi per Storie Controvento, Monte Mai per il concerto, Anush Hamzehian e Vittorio Mortarotti per artBabel.


2022
EKPHRASIS

Termine poco noto, quasi da addetti ai lavori, la parola greca ekphrasis – composta da ek, “fuori”, e phràzo, “parlare, descrivere” – abbraccia diversi significati che si propagano come onde concentriche dal suo nucleo etimologico. Per gli oratori antichi era un descrivere che presenta in modo vivido il soggetto del discorso davanti agli occhi di chi ascolta. Nell’accezione più corrente, è la descrizione poetica di un’opera pittorica o scultorea: sono i centotrenta versi con cui Omero forgia lo scudo di Achille nell’Iliade, è Auden sulla Caduta di Icaro di Bruegel. Ma ekphrasis è anche il “visibile parlare” dell’arte medievale che predica in immagini, è un romanzo trasposto in pellicola, è poesia danzata, melodia dipinta. L’ekphrasis è interazione, relazione, ibridazione, anelito, sconfinamento. È insieme il frutto di un contagio e il risultato di una sfida: è arte che genera altre arti. L’ekphrasis parla più lingue simultaneamente, vive tra-i-linguaggi. L’ekphrasis è traduzione. L’ekphrasis è babelica.

Babel Ekphrasis ha invitato autori e autrici la cui scrittura si nutre fortemente di altre arti, e artiste e artisti che operano tra più arti, declinando la propria ricerca nel maggior numero di forme possibili. Di commistioni e influssi tra scrittura e altre arti ci hanno parlato: Jean Echenoz con Giorgio Pinotti, Mario Martone con Giona A. Nazzaro, Jakuta Alikavazovic e Léonor de Récondo con Alina Gurdiel, Frédéric Pajak con Nicolò Petruzzella, Aaron Schuman con Luca Fiore, Fabienne Radi, Jérémie Gindre e Donatella Bernardi, Gwenn Rigal con Matteo Baldi, Nicola Gardini per la serata di apertura, Johanna Schaible per Storie Controvento, Giovanni Maderna con Matteo Terzaghi per cineBabel, Antonio Rovaldi per artBabel, Leonardo Merlini, Vega Tescari e Luca Fiore per Moby Dick. Per l’Open Air Party, Joshua Chiundiza, artista audiovisivo dello Zimbabwe, e Yann Longchamp, DJ e designer interattivo svizzero.


2021
BABEL BABELE

Il mito di Babele ci parla della perdita della lingua unica e della confusione di tutte le lingue. Istantaneamente ogni cosa e ogni idea assunsero una pluralità di nomi, gli uomini si dispersero e la torre sovradimensionata, simbolo della loro visione e della loro arroganza, rimase in balia dell’ombra smisurata che ne anticipa la distruzione. Il mito di Babele ci parla della dispersione dei figli degli uomini sulla faccia di tutta la terra. l’impero babilonese si estendeva da Babele a un gran numero di stati moderni, tra cui l’Iraq, l’Iran, il Libano, la Siria, la Palestina e la Turchia, paesi che oggi conoscono fortissime diaspore in parte connesse a un altro grande crollo, quello delle Torri gemelle a New York. A vent’anni esatti dall’11 settembre 2001, BabelBabele ha osservato le più alte costruzioni dell’immaginazione, i loro crolli e le macerie mirabolanti. Ha seguito la dispersione e la diaspora, nell’antichità come oggi, delle popolazioni e delle lingue, per divinare, lungo i loro tragitti, il nostro presente.

BabelBabele ha ascoltato la condizione punita e plurale che segna la nascita delle diverse lingue, delle contaminazioni e delle scorribande tra le lingue, e la nascita della traduzione, da: Kader Abdolah, Usama Al Shahmani, Sinan Antoon, Vanni Bianconi, Renata Colorni, Mathias Énard, Silvia Gallerano, Pascal Janovjak, François Jullien, Charif Majdalani, André Naffis-Sahely, Stella N’Djoku, Elisa Shua Dusapin, Ribka Sibhatu, Carlos Spottorno, Dima Wannous, Yusuf Yesilöz, Elisabetta Bartuli, Ilide Carmignani, Cristina Dozio, Maria Nadotti, e Silvia Gallerano lettrice di Etel Adnan. Open Air Party: Mohammad Reza Mortazavi, Camilla Sparksss.


2020
ATLANTICA

Babel 2020 si chiamava Americana e avrebbe voluto invitare scrittrici da tutte le Americhe, poi con la pandemia il mondo si è fermato e si è allontanato. Ma prendere le distanze da quanto si conosce ci permette di guardarlo con altri occhi, da prospettive diverse. Le Americhe e l’Europa, improvvisamente separate e irraggiungibili come non lo erano da secoli, hanno cominciato a specchiarsi a vicenda in quell’amalgama di sogni e crudeltà, sradicamenti e nuovi innesti che è la loro storia condivisa, rivelando così come questa si sia estesa, complicata, recisa e ripresa. Tra le Americhe e l’Europa, l’immenso specchio d’acqua dell’oceano è diventato il simbolo di quanto ci unisce e ci separa – di superfici che calme riflettono proiezioni celesti, e scatenate mandano a picco speranze, caravelle e transatlantici. E, oltre lo specchio, il profondo. Babel 2020 è diventato Atlantica.

Babel 2020 ha ospitato scrittori europei che guardano alle Americhe, traduttori che traducono scrittori dalle lingue europee delle Americhe, e scrittori americani che vivono in Europa, come specchi posti gli uni di fronte agli altri – l’unica immagine alla nostra portata, in quei giorni di confino, che sapeva imitare gli abissi dell’oceano e di quello che stavamo vivendo: Robin Roberston, Glyn Maxwell, Gauz, Gary Younge, Silvia Pareschi, Anne Bathily, Peter Stamm, Juan Pablo Villalobos, Brenda Navarro, Samanta Schweblin, Laura Pugno, Giorgio Vasta, Elisa Biagini, Joseph Incardona, Tommaso Pincio, Émilie Plateau, Roberto Francavilla, Anna Nadotti, Ilide Carmignani su Roberto Bolaño con letture di Simone Spoladore e Anahì Traversi. Party di apertura: Michael Fehr e Juczok 1001, Taum Rush, Reverend Beat-man, Tam Bor.


2019
NON PARLERAI LA MIA LINGUA

Nel 2019 Babel si è spinto ai confini delle lingue naturali, alla ricerca di lingue immaginate, scomparse, futuribili, gergali, disprezzate, scientifiche, silenziose, visive ed enigmatiche. Lingue per articolare un cosmo ipotetico o realtà alternative. Lingue che pongono all’ascolto di altri mondi. Lingue per chi è senza lingua, sia che la fugga o che la stia cercando. Lingue per tutti, per pochi, o per nessuno. E lo spazio sempre rinnovato tra le lingue: la traduzione. Non parlerai la mia lingua ha sperimentato nuovi metodi e formati alternativi, per portare al pubblico di Babel lingue inaudite, inaccettabili, inaccessibili, accostando ai dialoghi con gli autori le dimensioni del laboratorio, della creazione collettiva e della performance.

I nostri ospiti sono stati: Irvine Welsh, Valeria Luiselli, Claudia Durastanti, Eraldo Affinati, Michael Fehr, Paolo Albani, Luigi Serafini, Saleh Addonia, Mariapia Borgnini, Franca Cavagnoli, Roberto Francavilla, Roberta Gado, Moshe Kahn, Nunzio la Fauci, Camille Luscher, Franco Nasi, Fabio Pedone, Elena Stancanelli, Giuliana Zeuli. Party di apertura: Christian Zehnder, None of Them + dj set di Irvine Welsh.


2018
BRASIL BABEL

Nel 2018 Babel ha percorso le vastità del Brasile, un mondo a sé e un mondo in sé, dove sono le ombre a gettare il sole, e dove i margini – razziali e di genere, di tribù e di favela, il grande sertão e la foresta amazzonica – formano la maggior parte del paese e tuttavia sono sistematicamente discriminati, a livello sociale e a livello culturale. L’edizione brasiliana di Babel è andata a scoprire voci ancora poco conosciute o ascoltate anche in Brasile, ma che proprio per questo hanno accumulato un’energia espressiva e un’urgenza che sanno smuovere il mondo dal suo obliquo asse centrale.

I nostri ospiti sono stati: Bernardo Carvalho, Beatriz Bracher, Ricardo Aleixo, Adelaide Ivánova, Asli Erdogan, Edimilson de Almeida Pereira, Eduardo Jorge de Olivera; e poi Emanuele Trevi e Roberto Francavilla ci hanno parlato di Clarice Lispector, Alessandro Palmieri e Alessandro Lucera ci hanno introdotto alle visioni dello sciamano yanomami Davi Kopenawa, i giovani Marta Silvetti, Sofia Sabatini e Francisco Aguirre hanno tradotto le poesie di Aleixo, Michelle Steinbeck ci ha raccontato la sua favela chic, le poete del Poethreesome Prisca Agustoni, Marina Skalova e Gianna Olinda Cadonau hanno letto i risultati del loro lavoro. E uno dei grandi della musica brasiliana, Arto Lindsay, ha portato a Babel il suo mix unico di tropicalismo e arte contemporanea, bossa nova e sperimentazione, accompagnato dal percussionista Marivaldo Paim.


2017
ALDILÀ

La traduzione attraversa le letterature, le letterature attraversano infiniti mondi. Nel 2017 Babel ha attraversato il confine ultimo ospitando scrittori che, da tutto il mondo e in lingue diverse, con ironia o con rabbia, cauti o innamorati, hanno dato voce alle presenze silenziose e prestato luce alle ombre.

Gli scrittori che compiuto il grande viaggio sono arrivati a Bellinzona sono: Yu Hua e Xiaolu Guo, Éric Chevillard, Marie NDiaye, Abdelfattah Kilito, John Freeman e Franco Buffoni, Susana Moreira Marques e Ugo Cornia, Daniele Benati e Viola Di Grado ospiti di Moby Dick di Rete Due. E inoltre gli incontri con la scrittrice svizzera Anne Brécart insieme a Carlotta Bernardoni Jaquinta, e con i giovani poeti del progetto Poethreesome: Gaia Grandin, Michael Fehr e Andrea Bianchetti. Special guest: la scrittrice georgiana Elena Bochorisvili.


2016
GREATER LONDON

Città europea uscita dall’Europa, metropoli occidentale con un sindaco musulmano, giungla di cemento brutalista dietro la Giungla di Calais, stratificazione di flussi migratori recenti e remoti, vicini o lontani, assimilati o negati. Londra è uno spaccato di Regno disunito, di Europa frantumata e mondo in transito: multiculturale e monolingue, rifugio e rifiuto, scossa ma non mescolata, Londra è il mutamento costante, è la contraddizione su cui si fonda il nostro presente.

Gli scrittori invitati a Babel nel 2016 sono londinesi perché esiliati, rifugiati, innamorati e liberati. A Babel hanno portato quello che a Londra stava per accadere: testi in uscita, nuove traduzioni e progetti editoriali allora ancora inediti di Ma Jian, Xiaolu Guo, Nadifa Mohamed, Linton Kwesi Johnson, Sulaiman e Saleh Addonia, Specimen e Adania Shibli, Kate Clanchy, Don Paterson, Chloe Aridjis, Annie Holmes e Meike Ziervogel. Hanno inoltre partecipato, Alessandro Leogrande e Alganesh Fessaha; Odile Cornuz, Laura Accerboni e Ulrike Ulrich per Poethreesome; Fabio Pusterla e Massimo Gezzi; Alan Alpenfelt e Eleni Maragkaki.


2015
SVIZZERA

Dieci anni di viaggio attraverso le lingue e le letterature mondiali ci hanno portato sulla soglia di casa, e come dopo ogni viaggio quella soglia era diversa. Entriamo. C’è una forte tensione tra le lingue, tra lingua e dialetti, tra oralità e scrittura, e sta dando risultati letterari senza precedenti. Perché la lingua della Svizzera è la traduzione, e per essere viva deve farsi interprete delle voci della sua confederazione di culture: il tedesco e i suoi dialetti svizzeri, l’italiano e il francese, il romancio e le lingue dell’immigrazione, le varie ibridazioni del parlato. Le nuove generazioni di scrittori, cresciute in una Svizzera multietnica ed esposte a influenze culturali miste e molteplici, si muovono tra questi plurilinguismi per creare la propria parola a partire dalle lingue date

Babel ha esplorato svariate dimensioni di questa fertile tensione plurilingue con alcuni tra i migliori scrittori svizzeri. La misura dialogica è stata assecondata invitando gli autori a coppie: Pedro Lenz e Guy Krneta; Peter Weber e Matteo Terzaghi; Pierre Lepori e Silvia Ricci Lempen; Noelle Revaz con Maurizia Balmelli; Arno Camenisch con Roberta Gado; Philippe Rahmy con Monica Pavani; la performance della scrittrice ungaro-svizzera Melinda Nadj Abonji e di Jurczok, il cabaret multilingue di Jürg Kienberger e Claudia Carigiet, il concerto di due gruppi della stupefacente new wave ticinese, i Fedora Saura, con incursioni del collettivo spoken word Bern ist Überall, e i Pussywarmes.


2014
ANTILLE

Nel 2014 Babel ha esteso la ricerca avviata nel 2013 con le letterature francofone dell’Africa, dopo un continente un arcipelago, e dopo un’unica lingua una varietà di lingue: ospiti del festival erano gli scrittori delle Antille, le isole caraibiche occupate a turno da tutte le potenze coloniali europee e popolate dai discendenti delle tribù indigene e degli africani deportati in massa al tempo della tratta degli schiavi, ex coloni, meticci e una moltitudine di immigrazioni remote e recenti. Un crogiolo di razze e di culture le cui radici storiche affondano profonde in Africa e in Europa, ma le cui ramificazioni si spingono verso le Americhe e il mondo intero. O meglio, come mangrovie, si radicano e ramificano nel mare reagendo all’incessante cambiamento delle correnti e delle maree con una capacità di adattamento, aggregazione, ribellione e riconquista unica al mondo.

Dallo spagnolo di Cuba e della Repubblica Dominicana al francese di Haiti e della Martinica, all’inglese di Trinidad&Tobago e della Giamaica all’olandese di Curacao, al portoghese, al hindi, al cinese, alla varietà di patois e creoli, le lingue delle Antille rispecchiano questo ricchissimo e drammatico groviglio di influssi diversi.
Le letterature delle Antille sono i frutti di questo complesso intrico di radici, inflorescenze, marosi, mostri marini e ramificazioni.
Gli autori di Babel 2014 sono stati: Earl Lovelace, Lyonel Trouillot, Abilio Estévez, Elizabeth Walcott-Hackshaw, Rita Indiana Hernandez, Patrick Chamoiseau, Robert Antoni, Kei Miller, Bern ist Überall.


2013
AFRICA FRANCOFONA

Nel 2013 Babel ha attraversato il continente africano alla ricerca delle giovani voci e delle nuove letterature di lingua francese. Per orientarsi in un ambiente così vasto e variegato, Babel ha seguito piste precise: la contaminazione del francese con le lingue locali o l’oralità; la reinterpretazione della tradizione in rapporto alla cultura africana, francese e globale; le recenti rivoluzioni del sistema letterario; un arco geografico che parte dall’isola del Madagascar e passando dal Maghreb si spinge gradualmente verso il centro del continente. Babel ha scelto di intraprendere questa ricerca perché la letteratura africana è spesso un prodotto d’esportazione: poco diffusa all’interno del continente, deve soddisfare le leggi del mercato culturale occidentale con la sua predilezione per la letteratura di genere e il facile esotismo.

Babel ha ospitato: Jean-Luc Raharimanana (Madagascar), Azza Filali (Tunisia), Elisabeth Daldoul, editor della casa editrice Elyzad; Kamel Daoud (Algeria) e Sofiane Hadjadj (Algeria), Fadimata Walet Oumar (Mali), Patrice Nganang (Camerun), Dorcy Rugamba (Ruanda), il giovanissimo Roland Rugero (Burundi), la giovane autrice svizzera Douna Loup, che ha scritto la storia che Gabriel Nganga Nseka (Congo Kinshasa) ha vissuto e ha voluto raccontare oralmente, e il concerto dei Tartit, gruppo tuareg nato dall’unione di sole donne nei campi profughi, uno dei migliori traduttori dei ritmi e dei silenzi del Sahara in musica.


2012

POLONIA

La Polonia ha prodotto i più strabilianti risultati letterari al di fuori dei confini del romanzo: il reportage di Ryszard Kapuscinski e la saggistica in genere, il teatro di Jerzy Grotowski e Tadeusz Kantor, e soprattutto la poesia di Zbigniew Herbert, dei premi Nobel Czesław Miłosz e Wisława Szymborska, di Tadeusz Różewicz, Julia Hartwig e Adam Zagajewski, tra i massimi poeti del Novecento. Invitando la Polonia, Babel ha colto l’occasione per esplorare le scritture non romanzesche: il lavoro delle nuove generazioni di poeti, la saggistica di stampo lirico e della «scuola polacca del reportage», il teatro e le letterature visuali come la graphic novel e la poesia in movimento.

Gli autori invitati a pronunciare la «Parola oltre i confini» sono stati: Adam Zagajewski, Antoni Libera, Mariusz Szczygiel, Lech Majewski, Marzena Sowa e l’illustratore francese Sylvain Savoia; Jaroslaw Mikolajewski, Jacek Dehnel, che insieme altri poeti/traduttori ha presentato l’antologia Babel Il vetro è sottile, Poeti polacchi contemporanei tradotti da poeti, e i curatori Alessandro Amenta e Lorenzo Costantino che hanno presentano l’ampia panoramica di Inattese vertigini. Antologia della poesia polacca dopo il 1989, a dialogo con i due maggiori esponenti della generazione di mezzo, Wojciech Bonowicz e Eugeniusz Tkaczyszyn-Dycki.


2011

PALESTINA

Nel 2011 la ricerca del festival Babel sulle identità divise, le province degli imperi e le lingue salvate ha toccato un limite estremo, invitando scrittori cisgiordani, di Gaza, palestinesi di Israele e della diaspora, che scrivono in inglese, in arabo e in francese: lingue e le culture frammentate e sparse che, persa la terra delle Scritture, abitano la terra della scrittura. Anche se da oltre mezzo secolo la Palestina è costantemente sotto i riflettori dei media, poco si conosce di quello che creano gli scrittori, gli artisti, i registi e i musicisti palestinesi: la vitalità, la misurata reticenza e lo humour con cui reagiscono alle mutilazioni territoriali, culturali o linguistiche.

Gli autori invitati a pronunciare la «Parola oltre i confini» sono stati: Izzeldin Abuelaish, Susan Abulhawa, Suad Amiry, Mourid Bargouti, Mustafa Bargouti, Jamil Hilal, Elias Khuri, Adania Shibli, Fatina al-Garra, e Elias Sanbar, che ha evocato la presenza di tre fantasmi: Edward Said, Ghassan Kanafani, Mahmoud Darwish. Per il concerto, la formazione da camera della West-Eastern Divan Orchestra, complesso di musicisti arabi e israeliani fondato da Barenboim e Said. Per cineBabel, una rassegna cinematografica con film come Fix Me, Le temps qui reste, nonché il documentario Arna’s Children di Juliano Mer Khamis.


2010

MESSICO

Il 2010 è l’anno degli anniversari per il Messico, che ricorda i momenti chiave della storia nazionale – dalla Guerra di indipendenza del 1810 alla rivoluzione zapatista del 1910 – e confronta il proprio presente con le speranze e gli ideali delle origini. Il presente messicano, che rimane comunque intessuto di mistero: paese di deserti, giungle, metropoli, oceani, polvere, piombo, sangue; paese precolombiano, americanizzato, guadalupano, rivoluzionario, sciamanico, zapatista, narcotrafficante. Complessità, meticciato e contraddizione sembrano essere i colori dello stendardo messicano.

In questo anno speciale il festival Babel ha invitato: Guillermo Arriaga, romanziere, regista di The Burning Plain e sceneggiatore di film come Babel e Amores Perros; Paco Ignacio Taibo II, autore di noir sudici e di analisi limpide, creatore del detective randagio Hector Belascoaran e biografo di figure titaniche come il Che e Pancho Villa; Juan Villoro, scrittore che sa accogliere, in un’atmosfera completamente mutata, l’eredità civile e oracolare di autori come Octavio Paz; Cristina Rivera Garza, che tra romanzo e saggio, spagnolo e inglese, case chiuse e distese desertiche, narra splendidamente il Messico tra Otto e Novecento; Fabio Morabito, uno dei migliori poeti di lingua spagnola viventi, narratore e traduttore dell’opera completa di Montale; Mario Bellatin, che nei suoi libri, «giocattoli bui e radiosi, composizioni di Duchamp fatte di parole», riscrive incessantemente il patto che lega lettore e autore, indicibile e parola scritta; Margo Glantz, scrittrice, traduttrice, accademica, leggenda vivente a cavallo tra due epoche; un omaggio al Messico di Roberto Bolaño, a nostro avviso uno dei più grandi scrittori di lingua spagnola di sempre, con ospiti la sua traduttrice Ilide Carmignani e gli scrittori Juan Villoro e Maurizio Braucci.


2009

RUSSIA

La quarta edizione di Babel ha ospitato una lingua che ha pronunciato molti momenti chiave del XX secolo, la lingua russa. A vent’anni dal crollo del Muro di Berlino, la Russia vive una fase di intensa transizione e violente contraddizioni. Per tradursi nel proprio presente, si confronta con il passato, quello remoto della tradizione ortodossa e degli zar, quello più recente dell’Unione Sovietica, e con le attuali spinte occidentalizzanti, divisa tra vecchia burocrazia e fervore nazionalistico, capitalismo e spiritualità. In momenti come questo lo scrittore cerca la lingua capace di dire il nuovo, forte della sintassi di quello che è stato, come lo stalker di Tarkovskij che lancia i bulloni dentro l’ignoto disegnando la via.

Gli scrittori ospiti di Babel, di generazioni diverse, che vivono in paesi diversi, sono le voci più significative del presente russo: Andrei Makine, tra i più amati scrittori in lingua francese; Ruben Gallego, straordinario caso letterario e di vita; Ljudmila Ulickaja, candidata all’International Booker Prize 2009; il poeta Mikhail Aizenberg; la scrittrice georgiana Elena Boc’orisvili; lo scrittore svizzero d’adozione Mikhail Shishkin; la perturbante Anna Starobinec. In chiusura, due incontri in italiano che hanno offerto uno sguardo sulla Russia, dall’Europa occidentale con Serena Vitale, e dalla “tribù criminale” siberiana degli Urka con Nicolai Lilin. Il Brodsky Quartet, tra i più celebri esecutori del Novecento russo, ma anche accompagnatore di musicisti come Björk e Elvis Costello, ha proposto un programma su misura per Babel, scegliendo composizioni che rielaborano temi popolari del folklore russo e compositori che hanno conosciuto l’esilio e la censura.


2008
GLI INGLESI UNITI D’AMERICA

Proseguendo nel suo lavoro di «ospitalità linguistica», Babel ha portato al pubblico autori e traduttori che vivono e scrivono tra più lingue e culture. La terza edizione del festival si è confrontata con la «lingua imperiale» e gli «uomini delle province»: l’inglese americano e quegli scrittori che, venendo dalle frange del suo dominio linguistico, ne estendono i confini e ne ridefiniscono l’identità attraverso immaginari distanti e sintassi diverse.

Gli inglesi uniti d’America hanno inviato a Babel alcuni tra i più grandi scrittori viventi di lingua inglese: Derek Walcott, Amitav Ghosh, Sandra Cisneros, Jamaica Kincaid e Ha Jin, nonché uno dei più sorprendenti saggisti contemporanei, il poliglotta Daniel Heller-Roazen, e il giovane poeta greco-americano Stephanos Papadopoulos. La lingua globale è stata affiancata da quella svizzera più locale, il romancio, con ospiti Iso Camartin, Clà Riatsch, Leo Tuor, Chasper Pult. A portarci oltre i confini della parola in questa terza edizione sono stati i Tiger Lillies, gruppo grand-guignol britannico che in Literary Lillies si è esibito nelle trasposizioni musicali del Pierino Porcospino e degli inquietanti racconti di Lovecraft, ma anche una mostra di uno dei maestri assoluti della fotografia mondiale, Walker Evans, con Sia lode ora a uomini di fama, un video di Kara Walker e il ciclo cineBabel curato dal Circolo del cinema.


2007
BALCANI

Letteratura e traduzione ci portano ad attraversare confini culturali e linguistici e ad accogliere l’«altro» presso di noi, per questo Babel invita il pubblico a incontrare autori che vivono e scrivono tra più culture e i loro traduttori italiani.

Nel 2007 sono molti i confini che la parola ha attraversato: Babel ha ospitato alcune lingue balcaniche, con invitati come Ismail Kadaré, Tomaz Salamun, Ornela Vorpsi, Predrag Matvejevic, Abdulah Sidran e Dejan Ilic. La lingua nazionale protagonista è stata il tedesco, tra gli autori: Michael Krüger, Helena Janeczek e Giorgio Orelli traduttore di Goethe. Babel ha dato voce anche alle «traduzioni» tra diversi linguaggi artistici: al rapporto tra letteratura e cinema, con un ciclo di film balcanici curato dal Circolo del cinema; e musica, con un concerto di Ljiljana Petrovic Buttler e i Mostar Sevdah Reunion; e arte contemporanea, con la proiezione di opere di Marina Abramovic e Adrian Paci.


2006
UNGHERIA

«La traduzione è l’arte del possibile». Iosif Brodskij
«Portare il lettore all’autore, portare l’autore al lettore, con il rischio di servire e di tradire due padroni, è praticare ciò che mi piace chiamare l’ospitalità linguistica. Essa costituisce il modello di altre forme di ospitalità». Paul Ricoeur

Se la traduzione è l’“arte del possibile”, dal 2006 Bellinzona si fa promotrice del dialogo sul possibile, ospitando Babel, il primo festival di letteratura e traduzione. Ogni anno il festival si dedicherà a una lingua ospite, cui si affiancano lingue della “Babele” svizzera ed europea. La lingua d’arrivo sarà sempre l’italiano. Letteratura e piacere del testo. Il dialogo fra scrittori e traduttori e fra questi e il pubblico sarà sempre accompagnato dalla lettura dei testi originali e in traduzione.

Babel è un’iniziativa ispirata all’amore per la letteratura che al contempo offre alla Svizzera italiana l’occasione di interrogarsi sulle molteplicità del mondo contemporaneo che la toccano da vicino, come il rapporto con gli “altri” all’esterno e all’interno della propria realtà e la comunicazione tra diverse lingue e diverse culture. Ma la traduzione non è solo un concetto linguistico: Babel svilupperà altre dimensioni del possibile, in particolare trasposizioni di opere letterarie nel linguaggio dell’arte contemporanea, del cinema e della musica.
La città di Bellinzona, capitale e confine, periferia a crocevia, si presenta come luogo d’eccellenza per il festival di letteratura e traduzione Babel.
Il festival è stato inaugurato con un’anteprima d’eccezione: il 28 giugno 2006 il poeta Premio Nobel Derek Walcott ha presentato la sua versione teatrale dell’Odissea (The Odyssey, a Stage Version), accompagnato dal suo traduttore Matteo Campagnoli e da alcuni attori che hanno messo in scena la sua opera a Siracusa e Merida. Walcott, più volte definito il massimo poeta di lingua inglese vivente, ha tradotto l’epica omerica in teatro, in danza caraibica, in poesia contemporanea.
Nei tre giorni di Babel, a settembre, Bellinzona ha accolto, a cinquant’anni dai Fatti di Ungheria, narratori e poeti ungheresi che hanno raccontato la loro opera, la loro storia, il mestiere di scrivere e il rapporto con la lingua dialogando con interlocutori privilegiati, i loro traduttori. Gli autori sono stati scelti con l’obiettivo di estendere la ricerca del possibile, e di quella che Ricoeur ha chiamato “ospitalità linguistica”: la maggior parte degli scrittori invitati non scrive nella propria lingua madre e si confronta anche in sede creativa con il “salto linguistico”, dunque con le molte voci possibili.


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